Cuore di bullo
Un incredibile silenzio ha invaso per giorni la mia casa. La sera quando andavo a dormire, la mattina quando mi svegliavo. Ha avuto tanti nomi: è nato come Spike, è diventato Geronimo quando l’ho adottato tramite EBRI, è passato a Ciccio perchè Geronimo era troppo lungo ed è rimasto Gerry per la sua veterinaria. Forse non ha mai realmente capito come si chiamasse davvero, perchè non rispondeva a nessuno dei modi con cui lo chiamavamo.

 E’ entrato nella mia vita il 23 dicembre 2013 e se ne è andato il 7 gennaio 2021, a quasi 12 anni. Insieme abbiamo vissuto 7 anni e 8 Natali, oltre a incredibili avventure. Ciccio - perchè per me rimarrà tale - ha avuto la vita che ogni bulldog inglese sognerebbe di avere, perchè non gli ho mai fatto mancare nulla, ma è anche stato un esempio perfetto di manuale delle malattie della sua razza: dermatite atopica, allergie alimentari, cheratocongiuntivite secca e, per non farci mancare nulla, anche i reni policistici. Sono quelli ad avermelo portato via, dopo un lungo anno di tribolazioni. Abbiamo scoperto la malattia nel dicembre 2019, quando ce lo avevano dato per morto. Nè io, nè mia madre ci siamo arrese e abbiamo trovato una cura che lo tenesse stabile ancora per un po’, senza che soffrisse. Infatti per diversi mesi è stato anche bene. Ad agosto 2020, però, ha iniziato a peggiorare, manifestandosi con un problema alla zampa per cui mi dissero che doveva essere operato. Mi sono rifiutata di metterlo sotto i ferri e rischiare di non vederlo neanche svegliarsi o condannarlo ad una vita peggiore di quella che l’aspettava. Così abbiamo tamponato il problema, anche se la malattia lo divorava giorno dopo giorno. Il 25 dicembre ha iniziato a crollare ed il 5 gennaio è entrato in un pre-coma da cui non è mai uscito. Così gli ho offerto il mio ultimo atto d’amore e l’ho lasciato andare via tra le mura di casa sua. Il giorno in cui Ciccio è volato via ho provato una sensazione contrastante di perdita e pace insieme. Da un lato ho pensato: “finalmente il calvario è finito”, dall’altro mi chiedevo come avrei fatto senza di lui. Per giorni ho vagato per casa cercandolo nei posti che sapevo essere suoi, senza trovarlo. Parlavo ad alta voce, chiedendogli di venire a trovarmi, di darmi un segno che fosse ancora con me, nonostante non potessi vederlo e sentirlo. Per giorni non ho avuto il coraggio di togliere dal divano la copertina su cui ha trascorso le sue ultime ore così, per giorni, immergevo il viso tra quelle coperte per sentire il suo odore, finchè non se ne è andato anche quello. Per giorni ho messo la sua copertina azzurra sul letto accanto a me la sera così, se fosse venuto a trovarmi, non avrebbe sentito freddo. Non ho lavato tutte le sue cose, alcune le ho chiuse in una busta, ma pulendo in giro per casa mi accorgevo che le sue impronte sul pavimento si affievolivano sempre di più, finchè anche quelle non sparite, cancellando le tracce della sua presenza fisica in casa.

Una mattina, poi, ho visto il post di Bruno sul gruppo fb di Emi. Qualcosa nelle sue foto mi ha colpito, anche perchè non era l’unico bulldog inglese in cerca di casa. Ho deciso di farmi avanti e, grazie ad Emi ed a una settimana di incerta attesa, mi è stato chiesto dalla volontaria che lo ha liberato dalla sua precedente condizione, messo al sicuro e stallato, Germana,  se fossi decisa a prenderlo con me. Dopo l’iniziale euforia di gioia, è subentrato quel vago senso di colpa tipico di quando si decide di andare avanti con la propria vita, lasciandosi dentro le cose passate, le persone che se ne vanno, i cani che raggiungono il Ponte. Bruno è arrivato il 7 febbraio 2021, ad un mese esatto dalla morte del mio Ciccio. E’ con certezza che credo sia stato lui a mandarmelo, che il suo arrivo non sia stato un caso. Bruno è un cane speciale, un cane che ha sofferto e che, come me, sta imparando a superare il dolore delle proprie ferite. Bruno non è il mio cerotto, perchè ho sempre pensato che i cerotti servano a mettere una pezza alle cose rotte. Ma le ferite non passano, restano, trasformandosi in cicatrici. E se all’inizio il loro sanguinare fa un male tremendo, alla fine si arriva a guardare quei segni con una tiepida nostalgia, invece che con disperato dolore. Bruno ed io stiamo imparando a conoscerci, a crearci degli spazi, dei tempi. Lui è totalmente diverso da Ciccio: è giovane, irruente, intelligente, sensibile e con una voglia incredibile di giocare e socializzare. Forse è così adesso, forse cambierà. Non lo so. A lui piace il letto solo la sera quando andiamo a dormire insieme; gli piace dormirmi addosso, e quando non mi sta in braccio, allunga una zampa per assicurarsi che sia comunque lì. Sta imparando anche a vivere e capire i “no”, perchè l’amore è fatto anche di regole e di negazioni, non soltanto di concessioni. La mia vita con Bruno è in divenire, ancora tutta da scrivere. La perdita di Ciccio la sento ancora dolorosa certe volte, con quel magone che mi sale dentro e mi ricorda che ha lasciato un posto vacante accanto a me. Ha il suo “altare”, ce l’ho inciso sulla pelle, ce l’ho sul cuore sotto forma di ciondolo. Lui è attorno e dentro di me sempre. A volte racconto a Bruno del suo fratello maggiore, spesso lasciandomi sfuggire qualche lacrima, che Bruno subito capta e mi salta addosso per leccarmi tutta. Spesso la mattina e la sera lo andiamo a salutare insieme. Posso ringraziare quest’anno di lockdown per avermi concesso di vivere 24/7 l’ultimo anno di vita del mio Ciccio, facendoci entrare in simbiosi. Ringrazio Ciccio per aver deciso di mandarmi Bruno, perchè da sola avrei continuato a vagare per casa in cerca delle sue impronte sul pavimento. 

Valentina

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