Hugo il bulldog francese francobollo. La mia passione per i catorcini continua.
La settimana scorsa vi ho raccontato la storia di Omar, l’American bully recuperato a Palermo. Oggi vi parlo di Hugo, il bulldog francese che per me è diventato un francobollo e di cui mi sono innamorata follemente. Mentre seguivo la vicenda di Omar, mi sono trovata taggata in un post che era stato pubblicato dal canile della città dove vivo. Avevano recuperato un bouledogue francese dalla spazzatura. Faceva freddissimo e lui si era riparato in un cartone della pizza.

Ho subito chiamato la responsabile del canile e ho preso appuntamento per andare a trovarlo. 3, 2, 1… innamorata appena il mio sguardo ha incrociato i suoi occhi ciechi. Gli avevano messo un maglioncino verde perché le temperature del box del canile erano troppo rigide per un bulldog, per di più pelle e ossa. Appena l’ho accarezzato lui si è avvicinato e ha cercato di venirmi in braccio. Non ho esitato un attimo a prenderlo e accoccolarmelo al collo. Sapete quando vi sembra di sentire che due anime si sono trovate? Ecco, con Hugo mi è successo questo. Amore. Come se lo conoscessi da sempre. Non vi dico la fatica di lasciarlo lì, quando lui mi ha seguito e ha messo la zampina nella griglia del cancelletto del box per chiamarmi. “Emi vai, adesso lo pubblichi e gli troviamo una super famiglia”, mi ripetevo tipo mantra per convincermi a salire in auto e a tornare al lavoro. Il giorno dopo sono tornata da lui, gli ho portato dei maglioncini di Bullfit in modo che la notte non soffrisse troppo il freddo. Poi il sabato mattina mi sono svegliata e ho visto le cime delle montagne innevate. Impossibile pensare che Hugo potesse stare in box con quel freddo, dico a mio marito, “andiamo a prenderlo e lo stalliamo a casa nostra, al massimo usiamo il cancelletto se Aldo e la Teodora non lo volessero”. Ho detto a Teodora che saremmo andati a prendere un cuginetto sfortunato, lei è venuta con noi al canile. Ho preso un piumino per poter coprire di più il mio nuovo fidanzato francese perché faceva davvero un freddo assurdo e il vento era gelido che tagliava la faccia. Ho approfittato del fatto che fossimo già in giro per portare Hugo alla nostra clinica veterinaria di riferimento, dove gli abbiamo fatto fare un’ecografia, l’unico esame che non aveva ancora fatto, e siamo andati a casa. Il pomeriggio ho raccolto le feci per controllare anche che fosse negativo a tutti i parassiti. Teodora era tranquilla con lui, anche Aldo preso separatamente da Teodora, ma messi insieme, con Hugo dietro il cancelletto in camera da letto e loro due fuori, sembravano due super monelli che volevano mangiarselo. Aldo lo ha accettato praticamente subito, Teodora, come sempre, è andata in protezione di Aldo, ma in passeggiata, dato che Aldo non c’era, andava benissimo con Hugo. Era chiaro che Hugo dovesse essere solo uno stallo, per il benessere e l’equilibrio del mio strampalato branco, e perché richiedeva una quantità di affetto ed attenzioni che avrebbero decisamente scontentato gli altri due, ma anche Hugo stesso, perché avrei dovuto suddividerle. Nel frattempo si erano palesate un paio di adozioni davvero buone. Una perfetta perché Hugo sarebbe stato figlio unico, di una mamma che conosceva perfettamente i bulldog, avendo avuto Luigi, un bulldog inglese, per dodici anni. Avevo tre giorni da vivere con Hugo e li ho vissuti al massimo, gli ho fatto il bagnetto, preparato un corredino di abitini, collare e guinzaglio e una cuccetta che potesse portarsi nella sua nuova casa con una copertina in modo da non trovarsi spaesato. I primi oggetti che lo avrebbero, insieme ad amore e rispetto, reso finalmente un cane e non un essere da buttare nella spazzatura. Lui è stata la mia ombra da sabato a martedì quando siamo partiti, direzione la sua mamma per sempre. E’ venuto con me ovunque, in bagno, a letto, al lavoro, a fare commissioni a piedi in città. Volevo che cominciasse ad assaggiare la vita vera.

Il nostro viaggio è stato uno scambio profondo d’amore. Lui ha voluto viaggiare, contro ogni regola di sicurezza verso le quali normalmente non transigo, in braccio a me, steso sulla gamba destra e sul braccio a pancia all’aria, dormendo. Abbiamo fatto un paio di pause plin plin ed è venuto a Prato con me a scegliere dei tessuti per una mia nuova produzione. Poi, dopo un bel giro nel parco, siamo ripartiti. Più ci avvicinavamo alla sua destinazione per sempre e più mi veniva l’ansia. Ero sicura che Barbara sarebbe stata la migliore delle mamme che Hugo potesse avere, ma in cuor mio, sentivo di desiderare io stessa di essere la sua mamma. Arrivati sul lago di Garda, dove oggi Hugo vive da oltre un mese super felice, sereno, viziato e stracoccolato, ho chiamato Barbara che ci ha raggiunti al parco. Ho approfittato di quei minuti per potermi coccolare Hugo nel prato colmo di margherite. L’ho baciato mille volte e poi è arrivata Barbara. Si è buttata in ginocchio e, super emozionata, ha cominciato ad accarezzarlo e baciarlo ripetendo continuamente “ciao amore, come sei bello”. Io ero tanto emozionata e felice di questo incontro così speciale. Ho accompagnato Barbara a casa con Hugo, le ho consegnato tutte le sue cose con “millemila” raccomandazioni. Dopo una mezz’oretta, mentre Hugo era distratto dalla pappa, sono andata via. Salita in auto ho avuto una crisi di pianto pazzesca. Hugo era stato il mio francobollo, incollato addosso, per quattro giorni, Mi sentivo quasi nuda nella mia auto, con il braccio ancora indolenzito da quegli scarsi 10kg che appoggiati per oltre 800km si facevano sentire come un blocco di cemento. Esattamente quello che sentivo nel mio cuore. Pensare di tornare a casa senza quel piccoletto che andava a sbattere nei mobili, nel camino di vetro in soggiorno e nelle panchine al parco, ma che in pochissimo tempo aveva già imparato a lasciarsi guidare dalla mia voce “attento Hugo” e lui si fermava subito in attesa di essere aiutato. Quel frugoletto che mi era volato giù dalle scale all’uscita del mio studio e che si era fermato subito in attesa che lo prendessi in braccio e lo rassicurassi con mille baci, che lui ricambiava pieno di affetto e riconoscenza. E’ in questi momenti che mi rendo conto che amare davvero significa anche lasciare andare, esattamente come ho fatto tre anni fa con Margherita, la mia bulldog adottata che vive con i miei genitori, finalmente felice e serena. Affidare Hugo a Barbara significava permettere a lui di avere tutte le attenzioni per se’ e di non sconvolgere l’equilibrio che a casa mia c’è fra Teodora e Aldo. E questo è ciò che la ragione è riuscita a spiegarsi immediatamente. Il cuore invece è un mese che sente la mancanza di Hugo. Non passa giorno senza che io non lo citi o non lo nomini per qualcosa e che non dica a Teodora “sai Mumi che io Hughino lo volevo proprio tanto, ma tu sei una befana e volevi mangiartelo”. Mi manca. Mi manca da morire, io e lui ci siamo trovati e non lo avrei lasciato andare mai. Barbara è una mamma spettacolare, non si dimentica mai di mandarmi aggiornamenti e Hugo è sempre più bello e in forma. Anche i suoi occhietti vanno meglio. Prima di ripartire verso casa, l’ho portato a Milano da un bravissimo specialista e, se a destra sarà difficile che riesca a recuperare qualcosa, a sinistra dovrebbe andargli un filo meglio e magari riuscirà a vedere almeno delle ombre. Questo è il motivo per cui Omar l’ho portato all’asilo. Averlo in casa dopo soli quattro giorni che Hugo era andato via, mi avrebbe legata troppo anche a lui e poi chi si sarebbe più ripreso? Non sapete quante volte mi sono trovata ad immaginare quale essere immondo sia stato in grado di tenere Hugo per circa sei anni e poi, vista probabilmente la condizione dei suoi occhi, lo ha mollato senza il minimo scrupolo nella spazzatura. Mi sale una rabbia che potrei illuminare tutta l’Italia a giorno se si potesse convertire in energia. Come si fa? Eppure è all’ordine del giorno: abbandoni, violenze e soprusi, spesso da parte di minori che saranno purtroppo i delinquenti di domani (per me lo son o già!!) e ai quali io, seppur sbagliando a mia volta, vorrei tagliare le mani per renderli innocui. Io ho pianto una settimana per averlo lasciato in una favola, dopo essere stata con lui solo 4 giorni, qualcuno invece lo ha mollato al freddo, a se stesso, cieco, senza il minimo rimorso, dopo sei anni. Hugo e Omar ora vivranno tutto il resto della loro vita nell’amore pieno e incondizionato. Questo è l’unico conforto che ho davanti allo schifo e al degrado dell’anima dell’essere umano, razza terribile, a cui mi vergogno di appartenere.

Prodotto aggiunto alla Wishlist
Product added to compare.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Cliccando sul pulsante ACCETTA, accetterai l'utilizzo dei cookie.