La mia passione per i bulldog "catorcini"
E’ passato poco più di un mese da quando i miei occhi hanno incontrato “l’ennesimo sfigato siciliano”. Aveva gli occhi tumefatti, sembrava Rocky Balboa dopo aver incontrato Ivan Drago, gonfi e chiusi. Unghie lunghissime che facevano i riccioli, tipiche dei cani che sono ammalati di leishmaniosi, quattro peli in croce sul corpo, attaccati solo perché tenuti lì da un numero imprecisato di croste, tutto ossa e quell’aria smarrita di chi è stato invisibile fino a che delle mani pietose non lo hanno raccolto e portato al canile. Una, due tre, dieci, venti notifiche su fb “Emi, XYZ ti hanno taggato in un post”. Erano tutte richieste d’aiuto per questa povera anima. Mi sono subito messa in contatto con le associazioni, ma un caso così grave avrebbe richiesto cure molto costose, in più gestire un cane così lontano non è cosa semplice. Mi sono scoraggiata un po’ all’inizio, poi però mentre mi lavavo la faccia, appena sveglia, mi sono guardata allo specchio e la mia vocina interiore mi ha detto “e se i ragazzi che hanno salvato Aldo si fossero girati dall’altra parte?”. Ho avuto un forte senso di nausea. Aldo, per chi non lo conoscesse, è il mio bulldog inglese rescue, recuperato in Sicilia con gravi ustioni da fuoco tre anni e mezzo fa.

Mi sono vestita, ho bevuto una tazza di te’ e ho subito composto il numero di telefono della volontaria che aveva pubblicato questo malcapitato. Lo avevano chiamato Omar. Inizialmente lei non capiva come io, un privato, non un’associazione, che mi presentavo come una che i bulldog li conosce bene, potesse prendersi cura di un caso così complesso e soprattutto stando così lontano. Allora ho pensato di coinvolgere una mia amica di Palermo, avere qualcuno di fidato sul posto che facesse le mie veci poteva essere un buon inizio. E così la mia avventura con Valentina per salvare Omar ha avuto inizio. Cerca la clinica migliore di Palermo, contatta i medici e chiedi se siano disponibili a prendere un reietto, le cui fatture sarebbero in qualche modo state saldate. Dissero subito di sì: ecco la differenza fra i medici che svolgono la loro professione per credo e i medici mercenari. Ho aperto una raccolta su GofundMe che ha avuto una partecipazione pazzesca. Omar, che sino a quel momento era il cane di nessuno, era diventato un po’ il cane di tutti. Una generosità che mi ha fatto pensare che nel suo caso il karma fosse stato un po’ confuso, ma che una volta trovata la sua strada, stesse facendo esattamente ciò che Omar meritava: rinascere! Solite tiritere con il canile, documenti, burocrazia, vai, torna, rivai, ritorna… Finalmente dopo soli tre giorni di canile, Omar è in clinica. La diagnosi è di leishmaniosi, ma glielo si leggeva in faccia. Le donazioni generose che abbiamo ricevuto per Omar ci hanno permesso di fargli fare tutte le visite necessarie: esami del sangue completi, urine, feci, parassiti, ecografia, radiografie e visita dermatologica e oculistica specialistica. La sua era uveite da leishmaniosi, ciò significava che i suoi occhi sarebbero tornati a vedere. Ogni giorno Valentina, la mia anima gemella palermitana, andava a trovarlo e mi mandava foto e video che mostravano, oltre ad un carattere mansueto e desideroso di coccole, una ripresa eccezionale. Tutte le mattine per le tre settimane in cui Omar è stato ricoverato, sentivo la clinica che mi aggiornava sulla sua situazione e stabilivamo insieme come muoverci. I medici sono stati squisiti, la segretaria mi chiama ancora oggi per avere aggiornamenti e sapere che Omar ha lasciato così tanto amore anche solo in una clinica, mi riempie di gioia. Dopo tre settimane, Omar era in netta ripresa. Lasciarlo ricoverato era un peccato perché adesso aveva recuperato tutte le sue energie ed era pronto per affrontare la vita vera. In queste settimane intanto, ogni sera davo aggiornamenti di Omar sul mio gruppo privato di facebook e alcune volte abbiamo anche aperto una stanza, in modo che i membri del gruppo potessero interagire direttamente con me e parlare anche con Valentina che ci raccontava la sua esperienza diretta. Nello stesso periodo ho ricevuto diverse richieste per l’adozione di Omar, alcune molto valide, alcune meno. Ero certa, d’accordo anche con Valentina, di volerlo affidare solo ad una famiglia esperta della razza e come figlio unico, perché questi figli di nessuno, quando entrano in famiglia hanno il diritto di essere “i primi” in tutto e chiedono moltissime attenzioni, che con altri cani in casa, dovrebbero invece condividere. La famiglia intercettata era perfetta e ciò che mi ha fatto dire il sì più deciso è stata una frase che vi svelerò più avanti. Ora si trattava di recuperare Omar da Palermo, in zona rossa! Be’, salvare un cane per me rientra nei motivi di urgenza e necessità. Ho preso un volo per Catania, fatto l’ennesimo tampone appena atterrata, noleggiato un’auto (l’odissea per uscire dal parcheggio del rent a car ve la risparmio, perché, come dice un mio caro amico, evidentemente stava guidando la bionda, il mio alter ego stordito e non io) e recuperato Omar che mi era stato portato da Palermo. L’ho conosciuto in strada, ma poi abbiamo approfondito in auto: un ”limonatore forte”! Per ringraziarmi di essere andata a prenderlo non ha fatto altro che baciarmi finchè non lo ho legato con la cintura di sicurezza alla pettorina di Aldo che mi ero portata dietro. Ascoltando musica e il russare sereno di Omar, che sembrava essere sempre stato con me in auto, siamo arrivati a Messina dove abbiamo traghettato verso la Calabria e da lì siamo arrivati a cava de Tirreni 450 km dopo.

Era il venerdì santo, Pasqua era prevista in zona rossa super controllata e quindi decisi di far soggiornare Omar fino al martedì successivo all’asilo dove porto i miei bulli Aldo e Teodora. Questa struttura è a gestione casalinga, senza box e senza costrizioni, ma la titolare è una veterinaria ed educatrice cinofila, quindi ero certa che, dopo la strada, il canile e la clinica, fare un po’ di decompressione in un posto così sereno e in mezzo alla natura, sarebbe stata la scelta migliore per Omar, prima di arrivare alla sua casa per sempre. Sono andata a trovarlo ogni giorno, era uno spettacolo vedere come si interfacciasse con gli altri cani dell’asilo, ma anche con la mia bulldog Teodora e con i gatti. Ha imparato subito che a tavola ci sono delle cose buonissime e che se sei un vero bullo devi elemosinare affinché ti allunghino qualcosa. Si è goduto il giardino, le coccole in casa, il sole con lunghe dormite sul terrazzo e nanne comodissime finalmente in una cuccia morbida al calduccio, addormentandosi con le coccole della tata Susita. Il martedì dopo Pasqua sono andata a prenderlo, destinazione FOREVER FAMILY. Abbiamo trovato l’autostrada chiusa per proteste dei ristoratori obbligati a restar chiusi a causa del covid, poi coda per traffico intenso perché ci siamo riversati tutti sulla strada alternativa, poi coda di dieci km prima di Firenze e allora siamo andati per le campagne godendoci il paesaggio, io, e dormendo, lui. Siamo poi giunti a Modena. L’emozione di papà Andrea, che avevo imparato a conoscere nelle lunghe chiacchierate fatte nelle settimane precedenti e della dolcissima mamma Elena, era tangibile. Andrea si è lanciato su Omar in un abbraccio che Omar ha ricambiato subito facendo roteare quella meravigliosa coda che ha, più veloce della luce. Con tutta la famiglia abbiamo fatto una passeggiata al parco. Io mi sono defilata un po’ e li ho guardati passeggiare, mamma, papà, figlio bipede e figlio quadrupede, insieme, sorridenti ed emozionati. Ho fatto dei video in cui ho la voce spezzata dall’emozione. In casa poi Omar si è subito rotolato sul pavimento insieme a papà Andrea e in quel momento, la normale ansia e il senso di responsabilità che si hanno quando devi affidare un essere prezioso a qualcuno che non conoscevi personalmente, si sono sciolte. Erano perfetti. Omar non avrebbe potuto trovare una famiglia migliore. A distanza di solo due settimane, Omar sembra un altro cane, il pelo è quasi completamente cresciuto, tirando fuori un cioccolato tigrato spettacolare. Lui, che è arrivato in clinica a soli 20 kg, quando ne dovrebbe pesare almeno 35, ha peso, i suoi occhi sono limpidi e finalmente vedono tutto l’amore che lo circonda e che avrà per tutto il resto della sua vita. Caro Omar, io ti ringrazio per avermi dato fiducia, non mi sarei mai potuta girare dall’altra parte, anche se non sei un bulldog inglese puro, forse sei più un American bully, anche se non sapevo se sarei riuscita a salvarti e trovarti una famiglia e soprattutto grazie per avermi fatto conoscere un sacco di persone meravigliose e avermi dato u po’ di speranza che l’amore possa sempre tutto, anche quando sembra impossibile. Tu lo sai, insieme a te gestivo anche Hugo, il bulldog francesino del cartone della pizza, di cui parlerò nel prossimo articolo, i tuoi genitori, esattamente come la mamma di Hugo, mi hanno conquistato dicendo “che sia Omar o Hugo a noi va sempre bene, purché possiamo aiutare un cane in difficoltà e dargli amore per tutta la vita”. Le persone speciali sono così. Grazie Elena, grazie Andrea, grazie piccolo Samuel per averlo desiderato così tanto e per farlo vivere come un principe. Il mio ringraziamento speciale va a tutti voi che avete contribuito generosamente permettendo un grande recupero di Omar e a Valentina che non ha mai “perso un giorno” con Omar, nonostante nello stesso periodo abbia dovuto affrontare un pesantissimo lutto: amica mia, ti sarò riconoscente a vita e preparo già lo stomaco, perché appena riapriranno le regioni passerò un weekend da te per ringraziarti di persona. Tu promettimi solo che non mi manderai a casa tutta ciccia e brufoli!

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