I BULLDOG INGLESI: TI RESTITUISCONO IL PRESENTE E TI SPRONANO AL FUTURO
Mi sono presa
un piccolo tempo
per scrivere questa storia
che è la mia storia
e la storia di Flavia e Curzio,
i miei bulldogghi inglesi.
Mi sono presa
un piccolo tempo
perché voglio scegliere
le parole giuste
per raccontarla.

Circa 7 anni fa ho scoperto di avere una patologia cronica dell’intestino, una di quelle patologie invalidanti di cui non si parla mai perché l’intestino è un organo tabù.

Questa patologia cronica dell’intestino è una stronza perché ti riduce a un pedalino in ammollo e certi giorni non hai la forza neppure di alzarti dal letto. Non mangi e hai la diarrea, mangi e hai la diarrea, bevi un bicchiere d’acqua e ti viene la diarrea. Un incubo.

Uscire di casa è un’impresa: mi sono sentita male in ascensore, mi sono sentita male in auto, mi sono sentita male al ristorante con gli amici mentre festeggiavamo il compleanno del mio compagno, mi sono sentita male all’autogrill mentre tornavo dal lavoro. Mi sono sentita così tante volte male che a un certo ho smesso di uscire. Mi faceva paura uscire, mi preparavo, infilavo il cappotto, aprivo la porta ma appena cercavo di fare un passo fuori dall’uscio cominciavo a sudare e mi si congelavano le gambe e non riuscivo a muovere nessuna parte di me.

Restavo ferma sulla porta senza andare avanti o tornare indietro, incastrata. Rimarrò qui per sempre, pensavo, tra dentro e fuori.

La paura fa questo.

La paura può far peggio della malattia, la paura ti uccide.

E io ero proprio mezza morta. Le cure non funzionavano e i giorni erano tutti uguali: mattina, pomeriggio e sera, a letto. A vedere la TV. A dormire. A prestare la chiappa di sedere ancora buona per le iniezioni ricostituenti. Ho visto il mio corpo deperire ed ero magra come sono magri quelli che stanno male, magri brutti, e poi ho visto il mio corpo allargarsi ed ero grassa e gonfia come sono gonfi quelli che il cortisone ti salverà. Col cavolo.

Gli unici momenti di gioia erano i momenti in cui andavo a trovare i miei genitori e mi allungavo sul divano accanto a Elvis, il cane che vive con mamma e papà.

Elvis l’ho raccolto io dalla strada che lo avevano buttato via dentro un cartone: è un canone di 50 kg che assomiglia a uno spinone italiano, ha occhi che ti si stringono le budella quando lo guardi perché lui guarda dentro. Elvis era la sola persona con cui mi sentivo bene. Perché mi guardava dentro. Perché non mi chiedeva se oggi stavo meglio di ieri. Perché sapeva mettersi accanto al mio dolore con riservatezza e senza aspettative.

Il mio compagno, Leonardo, una sera mi dice che ho bisogno di un cane perché mi vede assente dalla vita. Gli dico che non me la sento di accudire un cane, gli dico che non ho la forza per portarlo a correre, giocare con lui, non ce la faccio.

Leonardo mi dice che cerchiamo un cane pigro, uno a cui uscire non gli piace tanto.

Dice che guardiamo su internet.

Il giorno dopo penso a questo cane che deve aiutarmi a tornare alla vita e mi torna in mente un bulldog inglese che avevo incontrato qualche anno prima in una piazza di Trapani.

La donna che lo teneva al guinzaglio mi aveva detto che convincerlo a uscire era un’impresa perché lui amava starsene a casa e al massimo portare la sua panza al sole in giardino. Si chiamava Raffaello. Ogni tanto penso a Raffaello perché se non lo avessi incontrato e conosciuto, Flavia e Curzio non sarebbero mai arrivati a me. Grazie Raffaello.

Quando siamo andati a visitare un allevamento serio che ci avevano consigliato, io non sapevo cosa cercavo.

Non avevo un’idea di chi fosse il cane che doveva salvarmi la vita. Però l’ho riconosciuto subito quando l’ho visto.

Era una femmina di 10 mesi e l’allevatore si è sorpreso che tra tutti i cuccioli festosi io avessi attenzioni solo per lei. Flavia e io ci siamo conosciute così ed è così che Flavia mi ha salvato la vita. Io ho pensato di fare cose per lei ma era lei che faceva cose per me.

Le davo da mangiare ma era lei che mi nutriva, la portavo fuori ma era lei che mi riconciliava con il mondo, io mi prendevo cura di lei ma era lei che mi faceva rinascere giorno dopo giorno.

Andavo a letto e pensavo domani porto Flavia a vedere il mare, domani vado con Flavia nel bosco, domani porto Flavia al parco a giocare con gli altri cani, domani domani domani.

Flavia ha fatto questo, mi ha ridato il presente e anche la voglia di pensare al futuro.

Lo scorso anno il mio stato di salute è peggiorato e alla patologia cronica dell’intestino si è sommato un malfunzionamento delle ghiandole surrenali. È stato faticoso e doloroso. E nel momento in cui stavo peggio ho fatto quello che Flavia mi ha insegnato, domani domani domani. Sono andata a letto e ho pensato che avevamo bisogno di un amico e di nuova vita da portare dentro la nostra famiglia. Curzio è arrivato così, come un imprevisto. All’improvviso.

I miei bulldogghi sono l’amore più grande che ho nel cuore.

A loro devo moltissimo. Sono il motore delle mie giornate, anche quando la salute non mi segue. Mi tengono attaccata alla vita, al presente e alle cose future. Mi fanno pensare che voglio esserci domani, anche se l’intestino o le surrenali faranno i capricci. Mi fanno pensare che voglio essere all’altezza della loro lealtà, del loro coraggio e della loro simpatia. Ce la metto tutta.

Alessia Questa Sono Io

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